Tracciabilità
La professoressa Marina Romana Rinaldi, nel suo libro “Fashion Industry 2030. Reshaping the future through Sustainability and responsible innovation“, ci fornisce una chiara definizione di cosa sia la tracciabilità: “La tracciabilità è intesa come la capacità di tracciare la storia, l’applicazione o la posizione di un oggetto” in una catena di fornitura. In questo contesto, è definita come la capacità di identificare e tracciare la storia, la distribuzione, l’ubicazione e l’applicazione di prodotti, parti e materiali, per garantire l’affidabilità delle dichiarazioni di sostenibilità, nelle aree dei diritti umani, del lavoro (incluse salute e sicurezza), dell’ambiente e della lotta alla corruzione e “il processo attraverso il quale le imprese tracciano i materiali e i prodotti e le condizioni in cui sono stati prodotti attraverso la catena di fornitura”. ” [1]
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La tracciabilità trasmette i dati sui vari componenti di un prodotto e le informazioni sui suoi processi lungo tutta la catena del valore. Garantisce l’accuratezza di informazioni quali la qualità, la conformità agli standard normativi e il rispetto delle migliori pratiche sociali e ambientali. In particolare, aiuta le etichette e i partecipanti alla catena di fornitura a sapere quando e a chi vengono affidati gli ordini in outsourcing o in subappalto e può essere utilizzato per monitorare il movimento degli ordini nelle varie regioni geografiche.
Sebbene la legislazione, in particolare in Europa con l’obbligo di diligenza, incoraggi le aziende a conoscere meglio l’origine dei loro materiali e a mostrare le condizioni in cui vengono prodotti, la tracciabilità rimane un’azione volontaria, attualmente non regolamentata e spesso si traduce in azioni di marketing piuttosto che di sostanza.
In assenza di informazioni, nessuno di noi sa cosa stia accadendo e cosa stia danneggiando il nostro pianeta e le persone, e cosa si potrebbe fare per limitarlo.
Il monitoraggio della catena di fornitura consente di verificare la conformità di ogni fase della produzione alle normative nazionali e internazionali; aiuta a individuare le opportunità di una gestione efficiente e sostenibile delle risorse, nonché i rischi per la salute, l’ambiente e i diritti del lavoro; permette di migliorare l’affidabilità e la reputazione come marchio; di prendere decisioni più responsabili riguardo ai partner con cui collaborare; di gestire in modo efficiente tutti i fornitori e di ottimizzare i costi e i rischi legati alla frammentazione e alla dislocazione.
Anche se un marchio non gestisce direttamente tutte le fasi della produzione dei suoi prodotti, è comunque coinvolto in esse e deve assumersi la responsabilità di come si svolgono.
Un marchio che decide di delocalizzare la produzione in Paesi che non sono regolamentati da standard minimi per la tutela dell’ambiente e dei lavoratori dovrebbe compensare le eventuali carenze normative e assumersi la responsabilità personale della sostenibilità lungo la catena di fornitura, imponendo regole ai propri fornitori e assicurandosi che vengano rispettate.
[1] Francesca Romana Rinaldi, Fashion Industry 20230, Reshaping the future through sustainability and responsible innovation, p.68